Le dimissioni dell’Amministratore Unico

 

 

 

Le dimissioni dell’amministratore unico di srl acquistano efficacia con l’accettazione dell’incarico da parte del nuovo amministratore nominato dall’assemblea che lo stesso dimissionario è tenuto a convocare.

 

Ove l’accettazione del nuovo amministratore non dovesse intervenire, l’amministratore dimissionario non può richiedere la nomina di un amministratore giudiziario né tantomeno l’intervento dell’organo di controllo (se presente!!), ma deve convocare una nuova assemblea, il cui esito infruttuoso può dar luogo alla causa di scioglimento di cui all’art. 2484 comma 1 n. 3 c.c.


A stabilirlo è il Giudice del Registro presso il Tribunale di Milano nel provvedimento del 25 novembre 2020, ma solo recentemente edito.

 

L’efficacia delle dimissioni dell’amministratore unico, infatti, deve ritenersi differita al momento dell’accettazione della nomina del nuovo amministratore.

 

L’amministratore unico dimissionario, quindi, deve attendere che l’ufficio sia accettato dal suo sostituto, nominato dall’assemblea che lo stesso amministratore rinunziante, ancora nella pienezza dei suoi poteri, è tenuto a convocare; senza che, in tal caso, trovi applicazione l’art. 2386 comma 5 c.c., che, con riguardo all’ipotesi in cui la cessazione dell’incarico sia già avvenuta, dispone che, se vengono a cessare l’amministratore unico o tutti gli amministratori, l’assemblea per la nomina dell’amministratore o dell’intero consiglio deve essere convocata d’urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministrazione.

 

Tale principio – secondo il provvedimento in commento – si potrebbe ricavare dal disposto dell’art. 2385 comma 2 c.c., in base al quale la cessazione degli amministratori per scadenza del termine ha efficacia solo dal momento in cui il CdA è stato ricostituito. Peraltro, sarebbe stato probabilmente più pertinente il richiamo all’art. 2385 comma 1 seconda parte c.c., parificando così il venir meno dell’amministratore unico a quello della maggioranza degli amministratori. In tale norma, infatti, è stabilito che “la rinunzia ha effetto immediato, se rimane in carica la maggioranza del consiglio di amministrazione, o, in caso contrario, dal momento in cui la maggioranza del consiglio si è ricostituita in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori”.

 

 

 

Cadau&Associati Aldo Cadau Studio Commerciale Cagliari Amministratore Unico

 

 

Ad ogni modo, ciò che traspare è il fatto di reputare le previsioni dettate in tema di spa utilizzabili al fine di colmare il silenzio che il legislatore della srl ha riservato a tali profili, assicurando anche in tale tipo di società la continuità della gestione sociale.

 

Si tratta della soluzione che appare prevalente in dottrina e che è stata fatta propria anche dal Tribunale di Napoli nella sentenza n. 12686/2013, dove, in relazione ad un CdA, si è precisato che, alla luce dell’art. 2385 comma 1 seconda parte c.c., le dimissioni dalla carica rese da un amministratore di srl hanno effetto immediato solo se resta in carica la maggioranza degli amministratori; in caso contrario, invece, hanno effetto differito al momento in cui la maggioranza del consiglio sia stata nuovamente ricostituita in seguito all’accettazione dei nuovi amministratori.

 

Neppure – prosegue il Giudice del Registro milanese – è ammissibile la richiesta subordinata di nomina di un “amministratore giudiziario”, determinandone poteri e durata. Nessuna norma, infatti, prevede la nomina di amministratore di società di capitali da parte del Tribunale, né in sede di volontaria giurisdizione né in sede contenziosa, e tantomeno su richiesta dell’amministratore dimissionario.

 

Quest’ultimo, quindi, in assenza di accettazione da parte del soggetto nominato in sua sostituzione, non può fare altro che reiterare la convocazione dell’assemblea per la nomina del nuovo amministratore e, se questa non dovesse provvedervi, accertare lo stato di scioglimento dell’ente ex art. 2484 comma 1 n. 3 c.c. A tale situazione, peraltro, al fine di evitare facili elusioni destinate a lasciare l’amministratore unico inesorabilmente “prigioniero” della società, dovrebbe essere parificato il caso in cui la società con unico socio dovesse continuare a nominare lo stesso come amministratore e questo dovesse continuare a non accettare la carica.