Perché i rimborsi spese parcheggio sono da tassare.

Come assoggettare i rimborsi spese relativi ai parcheggi effettuati dai dipendenti di un’azienda durante le trasferte al di fuori del territorio comunale? Al quesito, come specifica la nota diffusa dallo studio commerciale Cadau&Associati di Cagliari, offre una risposta l’Agenzia delle Entrate che specifica come, tali indennità, essendo relative a spese diverse da quelle di viaggio, trasporto, vitto ed alloggio, vanno assoggettate interamente a tassazione in capo  al dipendente, sempreché non inquadrabili come ulteriori rimborsi di “altre spese”, anche non documentabili, per i quali è invece prevista la detassazione fino a una certa soglia in caso di adozione del metodo analitico.

Questo significa che i rimborsi spese di parcheggio:

  • sono interamente tassati laddove il datore di lavoro abbia adottato i sistemi del rimborso forfettario e misto;
  • rientrano tra le “altre spese” (ulteriori rispetto a quelle di viaggio, trasporto, vitto e alloggio) escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente fino all’importo massimo giornaliero di 15,49 euro (25,82 per le trasferte all’estero) nei casi di rimborso analitico.

C’è poi da specificare – come aggiunge la nota redatta dallo studio commerciale Cadau&Associati – che le spese sostenute dai dipendenti in trasferta incidono sulla determinazione del reddito imponibile ai fini delle imposte dirette sia del datore di lavoro che del lavoratore.


TRATTAMENTO.

Il relativo trattamento varia considerevolmente a seconda che la trasferta comporti uno spostamento nell’ambito o oltre il territorio del comune nel quale si trova la sede di lavoro del  dipendente.

Dal lato del lavoratore, quando la trasferta rimane nell’ambito del territorio comunale, l’indennità  percepita a titolo di ristoro delle spese sostenute è imponibile, concorrendo integralmente alla  formazione del reddito di lavoro dipendente. Sono, in ogni caso, esclusi da tassazione i rimborsi di spese di trasporto comprovati da documenti provenienti dal vettore (biglietti della metro, tram,  autobus, fatture dell’impresa di car sharing, eccetera).

Quando, invece, la trasferta comporta uno spostamento del lavoratore al di fuori del territorio  comunale della sua sede lavorativa, il regime Irpef dei rimborsi delle spese di vitto e alloggio nell’occasione sostenute è disciplinato dall’articolo 51, comma 5, Tuir, sempre per quanto riguarda la determinazione del reddito di lavoro del dipendente.




GESTIONE INDENNITA’.

In base a tale disposizione, vi sono tre modalità per gestire le indennità di trasferta spettanti ai  lavoratori:

1. il rimborso analitico. L’utilizzo del metodo analitico determina la non concorrenza del rimborso delle spese di vitto e alloggio alla formazione del reddito di lavoro dipendente, sempreché sia data dettagliata e comprovata dimostrazione delle spese sostenute in trasferta, attraverso i documenti fiscali rilasciati dagli alberghi e ristoranti, debitamente riepilogati in apposita nota spese sottoscritta dal lavoratore e consegnata al datore di lavoro. Peraltro, per espressa disposizione normativa, non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente l’ulteriore rimborso di “altre spese”, anche non documentabili, purché risultino analiticamente attestate dal dipendente, per un importo massimo di 15,49 euro, per le trasferte sul territorio italiano, o di 25,82 euro, per le trasferte all’estero;

2. il rimborso forfettario. Le indennità forfettarie di trasferta sono escluse dall’imponibile sino ad un limite di 46,48 euro giornalieri, per le trasferte fuori dal territorio comunale ma nell’ambito del territorio italiano, e sino ad un limite di 77,47 euro giornalieri per le trasferte all’estero. Per l’importo eccedente concorrono, invece, al reddito del lavoratore;

3. il rimborso misto, che, a sua volta, comprende due possibili alternative:

– il datore di lavoro può rimborsare analiticamente le spese di vitto ovvero quelle di alloggio e riconoscere in aggiunta una indennità forfetaria che, se fissata in misura pari ai 2/3 di quella prevista per il metodo forfetario puro, non viene tassata in capo al dipendente. Quindi, sino a 30,99 euro, per le trasferte nazionali, e fino a 51,65 euro, per le trasferte all’estero, l’indennità non assume rilevanza ai fini reddituali in capo al lavoratore;

– il datore di lavoro può rimborsare analiticamente le spese di vitto e quelle di alloggio e, in più, riconoscere una indennità forfetaria che, se fissata in misura pari a 1/3 di quella prevista per il metodo forfetario puro, non viene tassata in capo al dipendente. Quindi, sino a 15,49 euro, per le trasferte nazionali, e fino a 25,82 euro, per le trasferte all’estero, l’indennità non assume rilevanza ai fini reddituali in capo al lavoratore.

Per quanto riguarda le spese di viaggio, va ricordato che i rimborsi chilometrici, avendo natura analitica, non concorrono a formare il reddito del lavoratore quando idoneamente documentati.

ALTRI RIMBORSI.

Ogni altro rimborso, rispetto al vitto, all’alloggio, all’indennità chilometrica, nonché ai biglietti di viaggio (esclusida tassazione anche quando la trasferta è extracomunale), è assoggettato interamente a tassazione quale reddito di lavoro dipendente.