Reverse charge e prodotti IT
Anche in caso di vendite di console da gioco, tablet PC e laptop effettuate nei confronti di clienti soggetti passivi utilizzatori finali dei beni (che dichiarano di effettuare l’acquisto per finalità differenti dalla rivendita), sarà comunque sempre il cessionario, soggetto passivo, a dover assolvere l’IVA. Lo ha ricordato l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 894 del 2021, con cui fornisce nuovi chiarimenti in tema di applicazione del reverse charge nel settore del commercio di prodotti IT.
Non sono previste eccezioni e/o integrazioni rispetto alla regola generale, né la norma introduce una qualunque facoltà e/o obbligo di verifica da parte del cedente rispetto allo specifico utilizzo del bene da parte del cessionario del bene.
Con due risposte a interpello, l’Agenzia delle Entrate ha fornito alcuni chiarimenti in tema di applicazione del reverse charge nel settore del commercio di prodotti IT.
Trattamento IVA delle cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop
L’art. 17, comma 6, lettera c), D.P.R. n. 633/1972 include tra le operazioni soggette al meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge) le cessioni di console da gioco, tablet PC e laptop (più noti come “notebook”), nonché le cessioni di dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate in precedenti interventi (circolare n. 59/E del 2010; risoluzione n. 36/E del 2011; circolare n. 21/E del 2016) ai fini dell’individuazione dei beni non rileva la denominazione “commerciale” ma piuttosto la circostanza che si tratti di beni della stessa qualità commerciale, aventi le medesime caratteristiche tecniche e il medesimo codice di Nomenclatura Combinata (NC).
In proposito, sono stati individuati quindi i seguenti:
- console da gioco: NC 9504 50 00;
- tablet PC: NC 8471 30 00;
- laptop: NC 8471 30 00.
Per quanto riguarda l’ambito soggettivo, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che l’obbligo del meccanismo dell’inversione contabile trova applicazione per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio.
I casi esaminati
Entrando nel vivo dei chiarimenti forniti con la risposta a interpello n. 643 del 1° ottobre 2021 e con la successiva risposta a interpello n. 894 del 31 dicembre 2021, le società istanti operano nella fase distributiva che precede l’attività di commercio al dettaglio e, in particolare, svolgono attività di distribuzione di prodotti IT (hardware, software e servizi) ed elettronica di consumo esclusivamente nei confronti di rivenditori di informatica, di operatori della grande distribuzione, generalista e/o specializzata, e di sub distributori.
In questo contesto, le società hanno chiesto il parere dell’Agenzia delle Entrate su alcune situazioni che si presentano in occasione delle vendite:
– alcuni clienti rivenditori (soggetti passivi IVA) chiedono di acquistare tablet e/o laptop e/o console da gioco e comunicano alla società che il bene viene acquistato per finalità differenti dalla rivendita, perché destinato ad essere utilizzato in proprio come bene strumentale oppure a essere concesso a terzi in leasing e/o a noleggio;
– la cessione, da parte della società, di prodotti rientranti nelle NC sopra richiamate avviene sovente congiuntamente con altri prodotti (ad esempio monitor, gli adattatori e/o i cavi di rete);
– il cliente è un soggetto non residente e non stabilito in Italia;
– il cliente si qualifica come esportatore abituale;
– la vendita è effettuata nei confronti di enti della Pubblica Amministrazione che risultano essere soggetti passivi IVA con riguardo ad attività di natura commerciale da essi svolta, in aggiunta all’attività istituzionale priva dei requisiti di commercialità.
Dichiarazione del cliente di effettuare l’acquisto per finalità differenti dalla rivendita
Con riferimento alla prima casistica, in cui il cliente, pur essendo un rivenditore, dichiara di acquistare per finalità diverse da quella della rivendita, viene precisato che “come si evince chiaramente dall’analisi delle norme e della prassi che regolano la fattispecie, non è dato riscontrare eccezioni e/o integrazioni rispetto alla regola generale, né si rinvia a un qualunque obbligo di verifica da parte del cedente rispetto alle future intenzioni del cessionario sulla successiva rivendita, o meno, del bene”.
Da questo emerge che la dichiarazione del cliente circa l’uso cui sono destinati i beni acquistati non ha alcuna valenza ai fini di stabilire che l’operazione ha luogo nella “fase di commercio al dettaglio” e non può ostacolare l’applicazione del reverse charge, al ricorrere delle altre condizioni richieste dalla normativa per l’applicazione di questo meccanismo.
Difatti, non esiste alcun obbligo da parte del cedente di acquisire una attestazione e/o dichiarazione da parte del cliente in ordine allo status di utilizzatore finale dei beni (risoluzione n. 36/E del 2011).
Cessione di prodotti IT insieme ad altri beni connessi
La normativa in commento prevede l’applicazione del reverse charge alle cessioni di determinati prodotti, individuati tramite la NC e che rientrano in un elenco tassativo.
Può capitare che nella prassi commerciale tali beni siano venduti insieme ad altri che ne costituiscono un complemento come, ad esempio, i monitor, gli adattatori, i cavi.
Sul punto l’Agenzia, condividendo il parere dell’istante, anche in merito al mancato rispetto del principio di accessorietà di cui all’art. 12 del D.P.R. n. 633/1972, ha ricordato che solo sulla cessione dei primi (quelli individuati tramite NC) si rende applicabile il regime del reverse charge.
Per i beni connessi, diversi da quelli per i quali è prevista l’applicazione del reverse charge, si applica del regime IVA ordinario (vale a dire la rivalsa dell’IVA), anche quando tali beni siano venduti congiuntamente e facciano parte di un unico ordine di acquisto.
Vendite nei confronti di clienti non residenti
Infine, per quanto riguarda le vendite a clienti non residenti né stabiliti in Italia, l’Agenzia, in effetti, si era già espressa in passato (circolare n. 21/E del 25 maggio 2016; risoluzione n. 28/E del 28 marzo 2012).
Sul punto l’Agenzia ha confermato quanto chiarito con i richiamati documenti di prassi, precisando che il cliente è obbligato all’assolvimento dell’imposta mediante reverse charge anche se non stabilito o privo di stabile organizzazione in Italia.
Per assolvere gli obblighi IVA derivanti da tale tipologia di acquisti, il medesimo cessionario dovrà aprire una posizione IVA in Italia, mediante identificazione IVA diretta o nomina di un rappresentante IVA.
La posizione dell’Agenzia è coerente con la disciplina in commento [art. 17, comma 6, lettera c), D.P.R. n. 633/1972] che ha introdotto un’ipotesi di reverse charge interno “obbligatorio” – che non ammette deroghe – e che individua il debitore di imposta nel cessionario.
Cliente esportatore abituale
Richiamando la circolare n. 14/E del 27 marzo 2015, l’Agenzia ricorda che il meccanismo dell’inversione contabile, attesa la natura antifrode, costituisce la regola prioritaria, prevalendo rispetto al regime di non imponibilità previsto per gli esportatori abituali.
Le cessioni al cliente che si qualifica esportatore abituale devono, quindi, essere fatturate in regime di reverse charge.
Vendite a enti appartenenti alla PA
Con riferimento a questa fattispecie l’Agenzia chiarisce che, qualora l’acquisto del bene venga effettuato dall’Ente della Pubblica Amministrazione in qualità di soggetto passivo d’imposta (attività commerciale) e l’operazione rientri in una delle fattispecie riconducibili nell’ambito applicativo del reverse charge, non si applica la disciplina della scissione dei pagamenti.
Viene inoltre precisato che è onere dell’Ente della Pubblica Amministrazione comunicare al fornitore che l’acquisto viene effettuato nell’ambito dell’attività commerciale – assoggettabile quindi al regime del reverse charge di cui all’art. 17, comma 6, lettera c), D.P.R. n. 633/1972 – oppure che i beni acquistati sono destinati ad essere utilizzati nell’ambito della sfera istituzionale e, quindi, assoggettabile al regime dello split payment di cui all’art. 17-ter del decreto IVA.